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in evidenza Orari apertura invernali Chiesa romanica di Sant'Antioco di Bisarcio e Grotta San Michele: 10.00 - 16.00; Museo Archeologico "Alle Clarisse": martedì e giovedi 08.00- 14.00, mercoledì e venerdì 08.00 - 14.00; 14.30 - 18.00; sabato 08.00 - 14.00; 15.00 - 19.00 e domenica 09.00 - 13.00; 15.00 - 19.00
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NOTIZIE STORICHE

La chiesa romanica di Sant’Antioco di Bisarcio rappresenta uno dei massimi capolavori dell’architettura medievale in Sardegna. Imponente e suggestiva, sorge isolata, in posizione dominante sulla fertile pianura di Chilivani, nel territorio extra urbano di Ozieri.

Edificata in tre fasi distinte, dalla seconda metà del secolo XI alla fine del XII, in linee romanico-pisane con influenze di derivazione francese, fu cattedrale dell’antica diocesi di Bisarcio sino al 1503, anno in cui la diocesi fu soppressa e accorpata a quella di Alghero.

Sul piano artistico e architettonico la cattedrale di Bisarcio si presenta come il connubio dell'opera delle varie maestranze che vi lavorarono; infatti vi si trovano elementi riferibili al romanico pisano, al romanico lombardo e maestranze francesi di origine borgognona, introdotte in Sardegna dai cistercensi.

Verso l'ultimo decennio del Secolo XI si registra, probabilmente dopo un violento incendio che devastò per intero la cattedrale provocandone il crollo dei muri e delle strutture portanti, un documento che rinnova, per volontà del Giudice turritano Costantino Lacon e della consorte Maria De Serra, una donazione a favore della Camera Vescovile di Bisarcio. L'atto, presumibilmente ha inteso creare implicitamente un fondo per la ricostruzione immediata dell'edificio; lo stesso attesta nel contempo l'esistenza di una prima cattedrale, precedente al 1090 che, semi distrutta, fu ricostruita entro il 1153 e completata del portico a due piani tra il 1168 e il 1174, anno in cui l'edificio fu consacrato al culto.

Nel 1139, da più fonti, si ha menzione nei documenti del tempo di un Arderensis Episcopus, probabilmente perché la Camera Vescovile di Bisarcio, dopo l'incendio e per più di un cinquantennio, fu trasferita nella vicina Ardara, capitale del Giudicato Turritano.

 

L’ARCHITETTURA

Dalle notizie storiche della cattedrale di Bisarcio risulta evidente che la struttura del corpo presenta nella realizzazione tre tempi costruttivi distinti e separati: il primo conferma l'antica costruzione edificata ante 1065 e semidistrutta dall'incendio precedente all'anno 1090; il secondo indica la ricostruzione avvenuta entro il 1153; il terzo individua l'aggiunta del portico al nucleo centrale dell'edificio ante 1174.

La facciata

Sull’originale facciata oggi poggia un grande avancorpo a due piani riferibile alla terza fase costruttiva, unico esempio nel panorama romanico isolano. La splendida e movimentata facciata dell’avancorpo è asimmetrica a causa del crollo della parte sinistra, avvenuto nel XV secolo, riedificata in epoca aragonese con muratura liscia. Nella parte destra, invece, si possono ammirare quattro arcatelle a sesto acuto, chiaro riferimento a maestranze francesi.

 

La parte inferiore della facciata dell’avancorpo si apre con tre arcate a tutto sesto che poggiano su capitelli a foglie d’acanto. Nelle arcate sono presenti decorazioni che richiamano sia figure antropomorfe che figure zoomorfe. Nella bifora, presente sul lato destro, si può osservare una colonna con alla base un leone, simboli religiosi importanti: il leone rappresenta l’eresia che viene schiacciata dalla colonna, che è il simbolo della fede.

 

L’interno

L'interno, con copertura lignea al centro e volte a crociera laterali, ha una classica pianta a tre navate suddivise da archi a tutto sesto sorretti da colonne monolitiche.

La luce soffusa che mantiene in penombra l'interno della cattedrale entra tramite le alte e strette monofore, sei disposte su ciascun lato più quella aperta nell'abside e due all'estremità delle navate laterali.

 

Nel presbiterio sono presenti la mensa, l’ambone e il seggio vescovile realizzati in epoca recente, in trachite locale. Alla sinistra del seggio vescovile è presente la statua lignea raffigurante il santo titolare con abbigliamento orientale e la testa coperta da un turbante che tiene in mano un libro e nell’altra la palma, simbolo del martirio. La statua, in legno policromo, risale alla fine del 1500.

 

La vita del Santo

Il culto di Sant'Antioco, medico e martire, è diffuso nell'Isola. Nato in Mauritania, visse sotto l'impero di Adriano. Fu esiliato dall'Africa in Sardegna e approdò a Sulci (l'attuale isola di Sant'Antioco) dove morì nel 125. Sant'Antioco è il patrono della città di Ozieri e compatrono della Sardegna e la sua festa si celebra il 13 novembre.

 

Dal portico, coperto da sei volte a crociera con archi trasversi che poggiano su pilastri cruciformi dai capitelli variamente decorati con fogliame, si accede al piano superiore percorrendo una stretta scala che è stata ricavata nello spessore del muro.

 

Il piano superiore

Il piano superiore, diviso in tre vani, è coperto da volte a botte. Il primo ambiente, adibito a sala capitolare, presenta, addossato alla parete destra, un sedile in pietra e nella parete ovest, una insolita cappa di camino a forma di mitra episcopale decorata, nella parte inferiore, con motivi vegetali.

 

Nella parete laterale sinistra, in basso, incisa nella pietra, è visibile un'orma del pellegrino. Si tratta di un simbolo, a forma di sandalo, lasciato come testimonianza del passaggio dei pellegrini a Bisarcio.

 

Nel vano mediano, adibito a cappella, si rileva scolpita su una delle parerti intermedie una epigrafe che attesta la consacrazione e la dedica dell'altare ad onore di tre santi:

 

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"Questo altare è stato consacrato 

in onore del Santo Giacomo Apostolo

del Santo Tommaso Arcipresule e Martire 

e del Santo Martino Vescovo e confessore di 

Santa Cecilia Vergine"

 

Questa epigrafe è minuziosamente scolpita a lettere gotiche e questo conferma non solo l'intervento di una maestranza qualificata alla scrittura: il lapicida, ma anche l'importanza del luogo, probabilmente sede della cappella vescovile. Nella parete di fondo si apre la bifora della prima facciata.

 

L'ultimo ambiente mostra tracce del crollo quattrocentesco.

 

L'ESTERNO

Nei fianchi delle navate laterali, le maestranze, probabilmente intesero rispettare le lisce murature preesistenti e utilizzare quelle dell'edificio rimaste intatte e solide, scampate quindi al catastrofico incendio ante 1090, riprendendo di fatto quell'essenzialità tipica del romanico "arcaico".

 

 L’abside

L’abside, semicircolare, presenta rombi gradonati policromi che riempiono le eleganti archeggiature impostate su lesene che ripartiscono lo spazio in cinque riquadri, di cui quattro ciechi e quello centrale traforato da una monofora strombata.

 

La torre campanaria

La chiesa è affiancata sul lato sud da una torre campanaria, attualmente mozza in seguito a un crollo avvenuto in epoca imprecisata. La torre, a canna quadra, è ornata da lesene e archetti pensili, che scandiscono anche i fianchi e il prospetto absidale della chiesa.

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Venerdì 3 agosto alle 20.30 in Piazza San Francesco ad Ozieri il gruppo Bonayres presenta “Libertango”, una serata di tango argentino con il tenore Antonio Porcu, alla chitarra Giuseppe Salis, Marcellino Grillo al flauto e Pier Mario Tedde al Basso .

Il gruppo Bonayres nato nel 2016 dall'incontro di musicisti di varia estrazione musicale, fonde esperienze e sensibilità, dando vita ad un repertorio che nasce da una accurata scelta, si arricchisce di arrangiamenti originali cheaffondano le radici nel tango, passando per la musica sud americana e per i più famosi brani della tradizione italiana e internazionale, jazz, musica classica, popolare e d'atmosfera.

Tutti i musicisti, hanno alle spalle importanti percorsi formativi (seminari didattici, Conservatorio ecc.) ed artistici di assoluto rilievo.

La serata è organizzata dall’Assessorato al Comune di Ozieri, la Scuola sovracomunale di Musica del Monte Acuto.

https://bonayres.webnode.it/

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Caravaggio e la musica del suo tempo nella Roma del Barocco

28 ottobre 2023 h. 17.30

Auditorium Centro Culturale San Francesco

 

Il 28 ottobre alle 17.30 nell’auditorium del Centro Culturale San Francesco, si potrà scoprire la figura di Michelangelo Merisi, detto “ Il Caravaggio “ , artista  non capito o volutamente dimenticato per secoli.

Un pittore contemporaneo, dirà di lui Vittorio Sgarbi, perché “un artista è dell’epoca che lo capisce”.

È il pittore più importante del barocco e uno dei maggiori artisti italiani di tutti i tempi, con la sua arte e riuscito a rivoluzionare il modo di dipingere di intere generazioni introducendo nella sue opere un estremo realismo, capace di cogliere la quotidianità e le sue imperfezioni.

Attraverso i suoi quadri verrà raccontata la vita tribolata e, per tanti versi, ancora avvolta nel mistero.

I testi e voce narrante saranno a cura di Salvatore Salis, Direttore dell’Hospice di Nuoro, convinto fautore dell’arteterapia.

La descrizione delle sue opere sarà accompagnata da due artisti d’eccezione, i Maestri Battista Giordano  (flauto dritto ) e Antonella Chironi ( clavicembalo ) che nel corso della presentazione eseguiranno musica colta barocca,  presente tra l’altro negli spartiti dipinti su alcuni quadri dallo stesso Caravaggio .

Sarà un’occasione per immergersi nella Roma Barocca e per valorizzare l’educazione emotiva .

L’evento è organizzato dall’Istituzione San Michele, con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Ozieri.

È gradita la prenotazione al numero 079771131. Ingresso a pagamento con il contributo di partecipazione di € 3,00.

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Giovedì 20 luglio alle 19.00 nel suggestivo piazzale del Museo Archeologico “Alle Clarisse”, prendono il via gli Apericena al Museo, organizzati dell’Istituzione San Michele con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Ozieri.

Il primo appuntamento è con “Bruxia e majalzas: streghe di Sardegna” durante il quale gli ospiti potranno scoprire la storia della stregoneria sarda e dell’Inquisizione, attraverso racconti, rappresentazioni teatrali e testimonianze.

La serata si aprirà con la presentazione del Prof. Attilio Mastino, rettore dell’Università degli Studi di Sassari dal 2009 al 2014, docente presso l’Università degli Studi di Sassari di  Storia Romana nel corso di laurea in Beni Culturali che ricorderà, ad un anno dalla sua scomparsa, lo studioso e amico Tomasino Pinna, e la sua ingente opera di studio e ricerca sulla stregoneria e sull’inquisizione in Sardegna, in particolare della figura di Julia Carta, attraverso il ritrovamento dei documenti che attestano la sua storia nell'Archivio Histórico Nacional di Madrid.

Julia Carta, la hichezera (strega), originaria di Mores, dopo il matrimonio si trasferì a Siligo. Di umile famiglia, nel paese era conosciuta come “bruxia”, guaritrice, indovina e per i suoi poteri terapeutici, alla quale in tanti si affidavano.

Il 18 giugno 1596 il commissario della Santa Inquisizione, si recò a Siligo per arrestare Julia Carta. Piombato nella sua casa, la strappò al suo piccolo di quattro mesi e la portò a Sassari dove venne rinchiusa nelle carceri del Castello Aragonese, sede sarda dell'Inquisizione. Il processo durò 10 anni.

L’appuntamento proseguirà con Gianna Saba con il suo racconto sulla varietà e complessità del magico in Sardegna. Il Collettivo Teatrale di Ozieri presenterà la rappresentazione teatrale “La Strega di Siligo Julia Carta”.

La serata si concluderà con un’apericena a base di prodotti locali, abilmente preparati da Maria Antonietta Cherchi della Fattoria Didattica “Sa Tanca ‘e Muros Rujos”.

Il costo per la partecipazione all’evento è di € 15 ed è obbligatoria la prenotazione entro il 17 luglio.

Per info e prenotazioni contattare l’Istituzione San Michele (079 787638) o il Museo Archeologico (079 7851052).

La prossima data degli Apericena al Museo sarà il 7 settembre con “Siamo proprio come Canne al Vento: una sera con Grazia Deledda”: serata dedicata alla scrittrice sarda, premio Nobel per la Letteratura.

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IL PALAZZO DI CORTE

Il palazzo di Corte fu costruito intorno al 1600 inglobando parti del Castello di Corte del XIV sec.

Fu sede amministrativa dei feudatari Borgia che ne fecero il centro politico e amministrativo dell’Incontrada del Monte Acuto. La famiglia Borgia, stirpe di origine aragonese, in Sardegna aveva in possesso vari appezzamenti di terra, tra cui, la Contea di Oliva, che comprendeva ben 35 ville con capoluogo Ozieri, centro dove la famiglia stabilì la residenza.

I Borgia, succeduti ai Centelles nel possesso di Ozieri, realizzarono varie opere pubbliche in quello che in breve, da villaggio di pastori divenne uno dei centri più importanti del nord Sardegna

Il palazzo fu costruito nel XVII secolo inglobando parti del castello di corte del XIV secolo. Nel corso del tempo ha subito numerosi restauri tant’è che del periodo spagnolo rimangono alcune parti dei sotterrane e delle cantine con volte a crociera.

Trasformato in caserma, nel 1856 accolse i Dragoni Reali, i Bersaglieri e le Guardie Doganali. Nel 1874 divenne sede di un distaccamento del Regio Deposito Stalloni con lo scopo di porre ordine nel campo dell’allevamento equino in Sardegna che andava declinando.

Ad Ozieri venne riconosciuta e affidata la funzione di creare una razza di cavalli che fosse utile, oltreché per le esigenze quotidiane del lavoro e del trasporto, anche per usi bellici. Nel 1956 la Regione Sardegna trasformò il Regio Deposito in Istituto Incremento Ippico Regionale oggi assorbito dall’AGRIS (agenzia della Regione Sardegna per la ricerca scientifica, la sperimentazione e l’innovazione tecnologica nei settori agricolo, agroindustriale e forestale).

 

LE ANTICHE CARCERI BORGIA

Appartenute al Castello di Corte, inglobato nel 1600 nel Palazzo Borgia, le carceri furono completate nel 1769. Gli ambienti sono formati dalla cella di rigore, la cella femminile e le celle maschili. Un angusto cortile porta alla cella di isolamento e ad un cortile. Sono visibili piccole aperture sulle pareti per la somministrazione del cibo ai detenuti. Ben conservati gli infissi originari rinforzati in metallo con bande chiodate, le pavimentazioni a lastroni di pietra, i tavolacci su cui dormire e le finestre con triplice inferriata. Fino al XVII sec. venivano eseguite le condanne a morte. Il registro dei defunti della parrocchia di Santa Maria (oggi Cattedrale) riporta che per il solo anno 1638 ben 16 prigionieri furono giustiziati per mano del boia.

Per la gestione delle carceri si procedeva a quello che, allora, prendeva il nome di  “arredamento”, e che oggi chiameremmo pubblico appalto. Chi vinceva la gara, l’arredatore, aveva il compito di provvedere al cibo dei prigionieri. Il cibo veniva immesso nelle celle in blocco, in modo che i carcerati se lo dividessero tra loro. Con questo sistema, alcuni carcerati restavano senza alimenti, perché i più forti non ne lasciavano ai più deboli che, spesso, morivano di fame.

I prigionieri dovevano mantenersi coi loro stessi averi e i più poveri  si sostentavano  con l’elemosina: il carceriere li conduceva per le strade del paese a domandare la carità.

Sono conservati numerosi atti notarili risalenti al Seicento che registrano la vendita di case e terreni proprio per poter sostenere i detenuti.

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